dai monti della grande guerra
Itinerari segreti della Grande Guerra sulle Dolomiti
La Cengia Basale e la Cengia Polin alla Tofana di Rozes.
Una lunga cengia percorre la base della Tofana di Rozes, dal canalone di accesso austriaco del Castelletto sino ad arrivare in corrispondenza di una grande grotta poco a nord di Sasso Mondin (enorme masso alla base della parete ovest della Tofana).
È denominata Cengia Basale e durante la guerra fu importante per la sua posizione dominante la valle e come via di collegamento fra le varie postazioni.
Stranamente non fu mai citata dagli autori che si sono occupati della guerra in Val Travenanzes. Si trovano solo dei riferimenti indiretti in relazione alla riconquista di Sasso Mondin prima austriaca e poi italiana, per avvalorare la tesi del tenente Alberto Polin del Belluno, secondo il quale il Castelletto poteva essere conquistato, senza farlo saltare in aria, partendo dal Posto Polin e percorrendo appunto tale cengia. Egli infatti affermò:
"Ai primi di settembre del 1916, con una pattuglia di pochi alpini, sono partito di notte dal fondo del vallone di Fontananegra e ho occupato la cengia che si snoda lungo la parete Nord della Tofana I (cengia alla quale fu dato poi il mio nome). Sono arrivato alle spalle dei reparti nemici che presidiavano l’alta Val Travenanzes, davanti al Castelletto, alla forcella e al Col dei Bois. È chiaro quindi che da quella parte, con pochi riusciti colpi di mano, il famoso Castelletto poteva essere aggirato"
La posizione che in seguito prenderà il nome di Sasso Mondin era presidiata dagli austriaci (con la denominazione di 8.Felsenwache) e fu conquistata il 6 settembre 1916 da una pattuglia di alpini del Monte Pelmo, al comando dell’aspirante Mondin.
Due giorni dopo, come racconta Pieri, un nucleo di Kaiserjäger “arrampicandosi per la parete della Tofana, giungeva di sorpresa sopra la posizione italiana, obbligando i nostri a ritirarsi con perdite, abbandonando un lanciabombe”.
Pare sia stato questo episodio a convincere il colonnello Tarditi ad indicare i tre migliori scalatori del V Gruppo alpini (Carugati, Vallepiana e Polin) ad esplorare la parete nord della Tofana al fine di insidiarvi un piccolo posto che consentisse di far sloggiare gli austriaci da quella posizione.
Gli austriaci salivano alla Cengia Basale e alla Grande Grotta, che si trova al suo termine nord in posizione sopraelevata, utilizzando un percorso attrezzato poco discosto ma invisibile da Sasso Mondin: un canalino di una decina di metri lungo il quale avevano infisso dei pioli metallici (analoghi a quelli della scala del Minighel), evidentemente via di accesso che aveva loro consentito di sorprendere dall’alto gli italiani.
Nella lotta per presidiare posizioni dominanti gli austriaci si trovarono a mal partito quando gli alpini e i Volontari Feltrini occuparono il Posto Mondin ed ebbero la possibilità di arrivare alla Grotta e controllare la via di salita alla Cengia Basale.
Questo determinò, in data 17 settembre, l’abbandono da parte austriaca di Sasso Mondin e dell’accesso attrezzato: i pioli furono segati e tali sono visibili ancora oggi, per ostacolare l’eventuale discesa degli italiani.
La Cengia Basale è stata percorsa recentemente per il suo intero sviluppo e siamo in grado quindi di illustrarne le caratteristiche:
in corrispondenza di Sasso Mondin essa rientra in un canalone, restringendosi, e il passaggio è reso difficile dalla presenza di sfasciumi di roccia. Questo tratto era stato attrezzato dagli austriaci con grossi chiodi due dei quali rimasti infitti e probabilmente con una fune.
La Cengia Basale sembra fosse raggiungibile anche poco oltre Sasso Mondin, la dove la guida Berti del 1928 indica la via di salita Carugati alle Tre Dita. Secondo l’autore dell’esplorazione "Poco oltre la strettoia si trova una fessura verticale dove, sul bordo opposto, si vedono sporgere due robusti picchetti verticali destinati senz’altro a sostenere una scala di corda che consentiva di salire alla cengia. Dovrebbe trattarsi di ciò che resta dell’attrezzatura sistemata da Carugati”.
Più oltre sempre lungo la Cengia, si trova quello che è stato chiamato Posto Italiano: un muretto a secco che difendeva dalle provenienze dal Castelletto e dalla Val Travenanzes, forse per proteggere l’attività alpinistica di Carugati.
Su questa via si aprono diversi interrogativi. Secondo Berti, che cita notizie private dello stesso salitore, la “via Carugati alle Tre Dita” fu aperta dal famoso alpinista, allora tenente esploratore, nell’agosto del 1916, prima dell’occupazione di Cengia Polin e forse prima della conquista del Trincerone Verde, ultima difesa austriaca del Vallone del Masarè e naturale porta di accesso alla stessa Cengia Polin, avvenuta in data 21 agosto 1916.
La via più semplice per arrivare dalla Cengia Basale a Cengia Polin è costituita dal passaggio per la Grande Grotta, ma nell’agosto del ’16 Sasso Mondin e la Grotta erano in mani austriache.
Il tracciato riportato da Berti sale dapprima alla Cengia Basale in corrispondenza di una fessura poco a sud di Sasso Mondin e quindi percorre in parte il canalone sovrastante lo stesso Sasso sino ad un punto dal quale si può arrivare a Cengia Polin, anche se il passaggio di una parete non appare facile.
La via per arrivare alle Tre Dita non si collega quindi all’attuale percorso della ferrata Lipella, ma percorre Cengia Polin sino al suo inizio al Masarè e poi segue la via di accesso austriaca.
Se la data dell’agosto 1916 riportata da Berti è corretta, ciò significherebbe che Carugati arrivò per primo ad occupare quello che poi diventerà il Posto Polin. Solo a settembre poi Polin percorrerà la Cengia del Masarè, il naturale accesso. Questa tesi è avvalorata da P.Pieri:
”Il Polin riusciva, attraverso grandi difficoltà, a trovare il collegamento anche colle nostre posizioni del Masarè fra le due Tofane”.
Oggi la Cengia Polin e il Posto Polin sono raggiungibili partendo dal fondo del Masarè di Fontananegra. Poco dopo il suo inizio si trova un posto italiano in caverna, denominato Angolo Francese per via della mitragliatrice francese Saint Etienne installata, che teneva sotto controllo le eventuali provenienze nemiche dalla Val Travenanzes. La posizione, costituita da alcuni locali incavernati, uno dei quali sopraelevato e raggiungibile ancor oggi con una scala di legno, era chiamata dai Volontari Feltrini appunto “Francese”.
Proseguendo oltre, dopo 165 m si incontra un caratteristico monolite roccioso, staccato dalla parete, il Sasso Toigo (dal nome del Volontario Vittorio Toigo di Pedavena).
È il punto più stretto del percorso e siamo a 150 metri di altezza sul fondo valle.
Dopo ulteriori 300 m si raggiunge infine uno sperone roccioso rivolto verso l’alta Val Travenanzes: è il Posto Polin. Al suo interno fu ricavata un’ampia postazione con tre feritoie per due mitragliatrici e un lanciabombe. Altre tre gallerie furono scavate nel 1917 in posizione poco discosta quali ricovero e per l’osservazione del nemico. In quella più lunga furono avviati i lavoro di scavo per la realizzazione della stazione di arrivo di una teleferica, ma gli avvenimenti di Caporetto non consentirono di ultimarli. Dopo il Posto Polin, una cengia stretta e pericolosa prosegue penetrando in un canalone dal cui fondo è possibile scendere alla Grande Grotta.
Il 14 settembre 1916 Polin con 20 Volontari Feltrini occupò stabilmente la Cengia che da allora diventerà la Cengia dei Volontari: “Si costruì poi sulla posizione una galleria con feritoie e i Volontari Feltrini considerarono loro debito d’onore il conservare la Cengia a qualunque costo”.
Al Posto Polin erano stati dislocati 7 Volontari con le due mitragliatrici e il lanciabombe, all’angolo Francese altri 5 con la Saint Etienne, mentre 12 rimanevano a forcella Fontananegra per i rifornimenti. L’ordine come riferisce il Diario Storico della compagnia, era “di far fuoco continuamente sulle posizioni nemiche”.
Il 17 settembre gli austriaci dominati dall’alto furono obbligati ad abbandonare la Cengia Basale e la Grande Grotta.
La cengia fu così presidiata ininterrottamente dai Volontari, al cui comando era subentrato il sottotenente Ceccato, sino a novembre 1917.
Di notte, grazie ad un riflettore, osservavano i movimenti dei nemici in fondo alla Val Travenanzes e sulle cime al di là della valle, sparando loro addosso e venendo contraccambiati da colpi di artiglieria che però difficilmente colpivano la Cengia.
Le vere difficoltà erano costituite però dalle condizioni ambientali in cui erano costretti a vivere, soprattutto durante il terribile inverno 16-17, viste le continue valanghe e l'indurirsi della neve che creava pericolosissimi scivoli verso l'abisso.
Le corvè che partivano di notte da Fontananegra spesso non riuscivano neppure ad arrivare all’Angolo Francese, a causa della grande quantità di neve sul percorso. L’unico mezzo di collegamento con gli altri reparti era costituito dall’eliografo in dotazione, tramite il quale Ceccato poteva inviare e ricevere messaggi.
Leggi i messaggi originali
Il 16 dicembre 1916 così egli comunicava: "Prego avvertire riflettore a mezzanotte illumini per pochi minuti fondo valle da Sasso di Sbarramento a fondo Rifugio (ruderi attuali) non essendo possibile esporsi ad osservare di giorno”. Il giorno dopo: ”Prego farmi conoscere numero uomini che saranno inviati questa sera di corvè ove possa in tempo richiedere al Comando Nerina. Urgono medicinali senza fallo e poi posta, carta e buste ufficio. Uomini siano muniti di tre paia racchette e due badili essendo la neve gelata sino in fondo. Credo meglio che debbano trovarsi in fondo al Masarè verso le 22 essendo più tardi chiaro di luna. Inviarmi da Pluto fonogramma indicando ore nelle quali i miei verranno incontro”. Le attività del nemico venivano controllate e segnalate puntualmente: “Dal monte Cavallo alle posizioni sud è stato riattivato il servizio rifornimento con la slitta a fune. A fondo valle in corrispondenza della 2760 (Nemesis) nemico si esercita con gli ski. Avvertire proiettore se possibile battere per un’ora fondo valle e pendici Fanis e Cavallo”. Il 19 dicembre: “Successe questa notte grave incidente. Fortunatamente non ho da lamentare vittime, solo Mingardi (Mario Mingardi, 19 anni di Pedavena) riportò contusioni più gravi. Tre nemici muniti di corda, badile, racchette, picozza mossero incontro seguiti da un quarto a distanza. Giunti col sentiero al burrone, detto delle scale austriache, sito oltre metà cengia, stettero per incontrare grave pericolo di precipitare a fondo valle se non si fossero attenuti bene agli ordini tassativamente dati. In questo luogo la neve molto gelata ha formato parete verticale per modo che è impossibile superarla da questa direzione mancando mezzo di assicurare funi. Il primo oltrepassando il punto difficile mantenendosi un po' alto cadeva da quella punta. Il solo Mingardi riportò contusioni al ventre e alla testa non per ora tanto gravi”. In data 22 dicembre: “Ieri un colpo di granata ha colpito finto appostamento sulle rocce Tofana ove si accende a mezzo fune (i Volontari, per trarre in inganno il nemico, avevano realizzato sulle rocce sovrastanti il Posto Polin alcuni falsi appostamenti ancora oggi visibili), gli altri colpi parte inesplosi e parte al burrone di sinstra”. Il giorno di Natale: “È arrivato ieri sera Serena incontrato alla Francese dai miei. Nel ritorno scivolarono due uomini ma per fortuna furono tratti in salvo a mezzo di funi, però versano in condizioni da non poter ritornare. Urge inviare subito dieci uomini i quali, nel mentre portano alla Francese candele, cognac, carta ufficio, tutto questo da Saturno, e a Pluto prendendo la cassa medicinali urgente, aiuteranno gli altri a ritornare”.
Per sopperire appunto a questi problemi di rifornimenti nei mesi invernali, iniziarono i lavori per la realizzazione di una teleferica in vista dell'inverno a venire.
Intanto la guerra continuava e gli austriaci tentarono più colpi di mano per cercare di sloggiare gli italiani dalla Cengia. Queste azioni erano guidate da Luis Trenker, famoso alpinista, scrittore e regista (film Montagne in fiamme), ma vennero sempre respinti dai Volontari Feltrini anche tramite scariche di sassi.
Tutto finì con gli avvenimenti di Caporetto, i volontari furono costretti ad abbandonare la Cengia che restò dimenticata per 90 anni.
Solo la casuale scoperta, fatta presso l’Archivio Storico del Comune di Belluno, delle trascrizioni dei messaggi inviati mediante l’eliografo da Ceccato ha consentito di riscoprirla.
Oggi percorrere le due Cenge richiede passo sicuro e ottimo senso dell’orientamento, visto che non è possibile assicurarsi ai vecchi chiodi di guerra instabili. Per questo sono vivamente sconsigliate a principianti e a chi non è ferrato a passaggi esposti su materiale franoso.
Commenti